
Nel 2001, un artista con il “nome in bilico” tra quello strafamoso e conosciuto negli ‘80s come Terence Trent D’Arby, incomincia a mostrare al mondo il suo cambiamento umano, sotto il nome di Sananda Maitreya, delegando di conseguenza al primo, il ruolo di “pseudonimo”.
Trovo questo lavoro sia tra i più belli e curiosi del mio "non abbastanza nutrito" archivio musicale (che peraltro difendo con i denti e magie wodoo da parenti, amici e nemici!!)
In realtà, T.T.D. ha al suo attivo una marea di capolavori, quindi suggerisco di accaparrarseli tutti, accendere mutui se dovessero servire, per acquistarli da chiunque ne sia in possesso!!
Il miscuglio di sonorità rock ‘60s ed a tratti psicadeliche ‘70s, si mescolano a sonorità elettroniche, di bellezza infinità, dove la fluidità dello scorrere dei pezzi (nessuna pausa tra la fine di un brano e l’inizio del successivo) è un tutt’uno al godimento puro di una voce interpretante ruvida, “sabbiosa” ed assai carnale.
Passiamo ad analizzare le tracce, per quello che è possibile, visto che è molto complicato stendere una lucida recensione di un lavoro così multisfaccettato:
“O, Divina”, fu il primo ed unico brano uscito in promozione da questo disco molto… molto succoso. Il sound di questo pezzo, molto soul ed accattivante è forse quello più diverso dagli altri inseriti più di spessore “cattivo” e di piglio più “deciso”. Anche nelle ballate come “ What shall I do”, dove l’artista compie giri e brevi dissonanze vocali, aprendosi in un “classico ritornello”, ma assolutamente mai banale.
La mia attenzione si ferma su “Designated fool” , brano deciso, evocativo e languido. Direi anche erotico (per come son fatto io..); “the inner scream” che per inciso, è una di quelle canzoni che mi obbligano ad assentarmi da questa tastiera e mettermi a ballare davanti alle ante a specchio dell’armadio di casa….. Chitarre elettriche che si intrecciano ai falsetti ruvidi e “di polso” suoi tratti distintivi fin dall’inizio della sua carriera.
“Suga free” è meraviglioso con il suo giro di basso campionato, impastato con un coro dall’aria bizantina. La duttilità dell’elemento elettronico, presente un po’ ovunque, è qui, a mio parere, molto valorizzato e ben dosato. Un lavoro di cesellatura di enorme maestria!
“SRR-636* “ è un pezzo che si duo ha già il complicato titolo da scrivere nella sua interezza voluta dall’autore; è un martellante gioco di suoni elettronici, quasi da primi videogames. Comunque interessante.
“My dark places”, “Drivin’ me crazy” , “Testify”, “Girl”, “ Ev’rythang”, “Be willing”, viaggiano un po’ per conto proprio; sono canzoni di valore, ma "obbligatoriamente oscurate" dalla decina di pezzi inseriti in Wild Card! Ecco; forse se proprio dovessi trovare un qualche “neo”, sarebbe nel numero eccessivo di tracce in un unico cd, pratica che oramai da tempo non recentissimo, per abitudine o abbattimento di costi a monte, viene perseguita, obbligando ad un unico ascolto una “misura eccessiva”, dando l’impressione di avere tra le mani un lavoro un po’ snaturato dal suo equilibrio.
E come non nominare la limpida e funky “Shalom”, preziosa nella sua complessità architettonica e vocale?
Una di quelle canzoni che chiunque si voglia cimentare in un repertorio del genere, avrebbe voluto scrivere ed interpretare.
“Sweetness” è un brano che penserei per una gita in bicicletta, in mezzo a parchi verdeggianti, sotto sprazzi di soli che filtrano su un terreno battuto, che scorre senza fretta.
“Some birds blue”, potrebbe ricordare un gospel per la sua stesura, per il suo andamento (non certo per i cori qui assenti), di sicuro questo, uno tra gli elementi stilistici che hanno formato T.T.D.
“Goodbye Diane” non aggiunge nulla al lavoro nel complesso; è un soft funky con inserti di distorsioni elettroniche comunque curiose. Una chitarra elettrica in secondo piano poi tra i ritornelli ed il bridge, lascia il posto a suoni vagamente “di plastica”, in una gamma di “hypersonic” di un bar per tastiera.
“.. And they will never know” ha un groove accattivante, un gioco arricchito dai cori dello stesso artista, con un effetto “fade out” ed “in” nella parte finale della coda.
“Say about you” non so per quale motivo, mi ricorda (seppur nella sua composizione più arricchita), una di quelle canzoni fatte da cantare e suonare con la semplice chitarra in una cerchia di amici per la sua leggerezza e linearità.
Ed eccoci al finale; “Shadows”.
Questo, si sviluppa sopra un composito tappeto ritmico fino ad arrivare al primo ritornello, dove con un timpano (campionato) si apre il canto. La seconda parte, la ritmica riduce le piste, accompagnate da una chitarra acustica arpeggiante su un ritmo incalzante, fino al re-entry “epico”, pieno, pomposo, ricco. Grande!
(Christos)

"WILD CARD!"
Terence Trent D'Arby
(Sananda Matreya)
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