clicca sulla copertina del disco qui al lato,
per poter ascoltare il  lavoro:
"A CHRISTMAS CORNUCOPIA".
A CHRISTMAS CORNUCOPIA
Annie Lennox
(Island Music)

c’è subito da dire che questo capolavoro del 2010 è non solamente un bellissimo regalo da donare, ma anche un’atipicità nel parterre dei dischi di Natale.
La scelta dei pezzi affrontati e rivisitati sono per la maggior parte quasi sconosciuti, ma conservano il gusto delle cose piccole e preziose. Di case spoglie e calde di caminetti; di cioccolate calde ed abiti di lana.
Di finestre con interni di un accogliente giallo su un contesto di freddo e segreto azzurro.
Di neve e teneri gesti.
Ed è così che questo album si apre; con “Angels from the realism of glory”.
Piccola ma doverosa parentesi; molti conoscono Annie Lennox come una cantante pop. Un’autrice ed una pianista, ma sfrugugliando meglio su Wikipedia, scopro che in questo progetto ha suonato oltre a vibrafoni ed organi (di ogni genere), anche flauti di pan, percussioni africane, partecipando attivamente nella tessitura degli arrangiamenti insieme al musicista e produttore Mike Stevens.
Indubbio una particolare passione dell’artista per questo album che, è davvero bello, con sonorità ed arrangiamenti per nulla scontati di un qualsiasi ruffiano Natale con campanelli e coretti di bambini.
"God Rest Ye Merry Gentlemen"   è un accattivante macramè di sonorità irlandesi e piste vocali.
I tamburi alla fine dell’intro corale sono un colpo al cuore. Entrano quasi contemporaneamente i flauti, creando subito un medioevale spaccato di immagini, in una ricchezza di strumenti di ogni tipo, connotando immediatamente i suoni ad immagini pienamente acquisite… mentre un flauto termina saltellando il pezzo, in un suo brevissimo solo.


"See Amid the Winter's Snow"  un pacato accompagnamento, un paio di accordi con il pianoforte, soffici, creano una di quelle atmosfere pulite, dando l’impressione di uno “svuotamento del superfluo”. La voce della Lennox è presente, decisa, declamante, a tratti dolce. La seconda parte del pezzo si apre in un trionfo di suoni; appare un’arpa pizzicando preziose note. I cori. Per ritornare al senso di un’essenza. Quasi potendo contenere e riverberare all’infinito un abbraccio.
Il brano successivo è curiosissimo! È tutto un intrecciarsi di dissonanze. "Il est né le divin Enfant"  proviene dalla tradizione francese che viene datato nel 1875 composto da Dom G. Legeay . Una filastrocca. Un gioco che avanza con i tamburi ed i cori in questo tappeto di cristalli rotti, di dissonanze, in questa “architettonica struttura arrangiamentale”.
Strafamoso ed interpretato da tantissimi interpreti del passato e del presente è “the first Noel” , qui appare pennellato quasi in maniera impressionista, con quel pianoforte che rincorre se stesso. Con andatura presente e per nulla lenta e trascinata. Quasi pop. Cangiante.
Nel successivo "Lullay Lullay (The Coventry Carol)"   ritornano sonorità medioevali. Una chitarra nylon introduce un coro presente e drammatico dove la voce della Lennox è evocativa. Abbandonata.
"The Holly and the Ivy"  si presenta come una composizione tra le più classiche di un repertorio inglese del 1911, ma presentato solo nel 1952 ad un pubblico più “corposo” in un film omonimo del 1952.
Per quanto mi riguarda, rappresenta nella scaletta, l’esatta risposta al brano precedente. Un tripudio di vita che rinasce, che attende… e nelle sonorità tutto questo è facilmente comprensibile.  Una filastrocca bucolica, oserei dire.
La poetessa inglese Christina Rossetti, ci presenta un testo delicato composto tra la metà e la fine del 1800, trasfigurato poi in canzone: "In the Bleak Midwinter".
Una chitarra acustica entra in scena, arpeggiando. La voce della Lennox inserendosi delicatamente, ci scopre un affresco di un paesaggio pietrificato dal gelo. In un silenzio dove la neve si sovrappone a se stessa.
"As Joseph was a Walking (The Cherry Tree Carol)"   è una ballata di chiara impronta inglese, dove negli arrangiamenti sono stati volutamente inseriti in una sorta di contemporaneità astratta, un coro di bambini che intonano con sonorità e presenze di rimando africane. Si saltella in questo pezzo. È accattivante. Un bellissimo gioco. 
Un prete di Philadelphia a fine ottocento, tesse le parole di quello che, in una costruzione musicale del 1924, diventerà  "O Little Town of Bethlehem"   .
Ed è curioso come la maggior parte di questi brani nel disco, abbiano una genesi così complessa, “antica”, con questo gusto “liquoroso” che sa di legno dolce e costruzione.
Un classico si insinua avvicinandoci al finale dell’opera: "Silent Night" .
Ed i colori che sono stati scelti per poterla raccontare, sono quelli di una dolcissima ninna nanna.  Una canzone delicata che sa di gloria ed oro. Di cose preziose quasi bisbigliate. Con un rimando alla memoria del fanciullo, utile e fondamentale per la sua costruzione di adulto. Un regalo, una staffetta…
Commovente.
"Universal Child"   è la canzone che chiude questo preziosissimo album. Ed è l’unico inedito, composto testo e musica dalla stessa Lennox.
La mia mente richiama immediatamente nell’archivio delle immagini ed informazioni, ascoltando il testo di questo pezzo, l’impegno sociale dell’artista, soprattutto nella lotta contro l’Aids, e non solo in Africa.
È il fermarsi, domandandosi quanti capitomboli si abbisogna per  poter imparare a volare. In un senso di cura verso il prossimo bambino.
La cura. Il voler tenere al sicuro dalle avversità, cercando di sostenere quelle architetture sane, atte alla crescita di una nuova generazione pulita e preparata per costruire un mondo nuovo.
Non è (fortunatamente) nulla di avvicinabile ad un qualsiasi “we are the world, we are the children” insomma. Ma una promessa delicata e sensibile. Un augurio che voglio, desideriamo fare in questo termine di anno. Perché la lucidità e la cura verso i propri piccoli, possano realmente esserci da stimolo per un mondo finalmente sano, asciugando il sangue e le violenze che acquisiscono da noi adulti.
Di cuore auguri
Christos… e tutta la redazione della START.

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